Racconto “Siamo solo granelli di polvere nell’Universo”

Racconto “Siamo solo granelli di polvere nell’Universo”

Nota racconto

copertina storytelling

Il racconto “Siamo solo granelli di polvere nell’Universo” è stato scritto per il mese di novembre per la rubrica Storytelling Chronicles organizzata da Lady C. Questo mese la nostra Lady C. è stata malefica e ha scatenato qualche scompiglio con le consegne. Un giro un po’ contorto ma divertente, alla fine del quale ho avuto il mio compito “scrivere una storia che tratti il lutto e la sua elaborazione”.

Ovviamente quando si parla di gente che muore o deve soffrire, stranamente l’ispirazione arriva abbastanza velocemente. Per questo motivo mi ritrovo a pubblicare così presto, siamo solo a inizio mese. Non so come e non voglio saperlo, ma l’ispirazione mi ha folgorata e ne ho approfittato. Ecco a voi quello che è venuto fuori.

Nota bene: il racconto tratta il tema del lutto e della perdita, senza pretese, è un’opera di fantasia.

Trama “Siamo solo granelli di polvere nell’Universo”

Liam è un giovane ragazzo che ha sempre fatto di tutto per lavorare e arrivare in alto nella gerarchia, tralasciando un po’ le amicizie e la famiglia. Tutto questo cambia nel momento in cui perde una persona a lui cara e la vita va in frantumi.

Siamo solo granelli di polvere nell’Universo

copertina racconto

Alla stupida domanda “Perché io”?
L’Universo si prende a malapena il disturbo di replicare: “Perché no”?

Christopher Hitchins

Si era posto quella domanda tante volte, eppure non aveva ancora trovato una risposta soddisfacente. “Perché lei?” continuava a ronzare nella sua mente come un eco perpetuo, senza però ricevere una replica esauriente che potesse spiegare quel fatto che per lui non aveva logica. Non lo aveva mai nemmeno sfiorato l’idea che un giorno si sarebbe trovato in quella situazione. Essere giovane e spensierato con la voglia di conquistare il mondo e la presunzione di poter vivere quasi per sempre, lo avevano portato a dare per scontate tante cose. Non era stata cattiveria la sua, ma disattenzione. Si era concentrato sul successo, sulla costruzione di una base solida per il suo futuro, soprattutto economica, perdendo di vista quelle piccole sfumature che invece rendevano la vita più colorata.

In un primo momento il sentimento che lo aveva colpito era stato il diniego. Si rifiutava di credere a un simile avvenimento. Per lui non era possibile e doveva essere uno scherzo di cattivo gusto. Nel momento in cui la realtà invece lo aveva investito in pieno, mostrandogli con dettagli crudeli ciò che era successo, era arrivata la disperazione e il dolore che lo aveva paralizzato. E poi si era fatta presente la collera. Si era arrabbiato con tutti coloro che riteneva colpevoli, poi era passato a inveire contro il mondo intero perché non riteneva giusto che potesse succedere un simile fatto. Alla fine, aveva rivolto la sua ira contro se stesso andando verso l’autodistruzione senza nemmeno rendersi conto.

Dopo aver perso di vista quelli che erano stati i suoi obiettivi per tanto tempo, un giorno qualcosa cambiò e lui rientrò in careggiata velocemente. A volte continuava a sbandare, c’erano diversi momenti in cui voleva lasciarsi andare all’oblio, altri in cui continuava a rammaricarsi con se stesso, ma cercava di non smarrire nuovamente quella che doveva essere la sua strada.

Il tutto era iniziato in una fredda notte di dicembre, si trovava seduto come sempre al tavolo con tutti i libri aperti per studiare nuove strategie per lavoro. Era ambizioso e voleva fare del suo meglio per i clienti in modo da scalare le vette e arrivare in alto nella gerarchia; da sempre era stato così: aveva cercato di migliorarsi per raggiungere quelli obiettivi che aveva in mente da piccolo. Era immerso tra conti, numeri e strategie economiche quando il suo telefono lo aveva riportato alla realtà. Erano le due di notte, non si era nemmeno reso conto che il tempo fosse volato. Vide il numero di sua sorella sullo schermo e sentì un brivido, come se quella chiamata potesse portargli una brutta notizia. In realtà fu peggio di quello che avrebbe mai potuto immaginare.

Quando Carol, tra un singhiozzo e l’altro, gli comunicò che Juliet aveva avuto un incidente, Liam sentì il mondo fermarsi di colpo. Per prima cosa aveva chiesto alla sorella se stesse scherzando, dicendole con tono abbastanza duro che non era carino fare scherzi di cattivo gusto come quello. Quando però Carol non smise di piangere, Liam si pietrificò. Continuava a non credere che fosse successo qualcosa di grave, ma la sua speranza si trasformò in poco tempo in pura disperazione. Prima di poter ragionare in modo lucido, chiuse la telefonata, prese giubbotto e scarpe, il portafoglio e le chiavi della macchina e corse via. Lasciò i libri e gli articoli sparsi sul tavolo, la penna caduta per terra, non si preoccupò di metter via nessuno dei documenti che stava leggendo. In quel momento tutto aveva perso la sua importanza.

Guidò per tre ore, superando vari limiti di velocità. Era sempre stato attento alle regole, ma in quel momento niente gli sembrava sensato se non arrivare il prima possibile a destinazione. Andò dritto in ospedale e quando riuscì a trovare il corridoio giusto, la scena che si presentò davanti a lui si sarebbe impressa nella memoria tormentandolo in infiniti incubi per tanto tempo.

La disperazione lo colpì dritto al petto così forte che rimase senza aria. Non era umanamente possibile, ma avrebbe giurato che il cuore si era fermato per qualche secondo. Accanto al muro, vicino alle porte che si aprivano su un reparto vietato ai visitatori, c’erano i genitori di Juliet stretti in un abbraccio. Le lacrime sul loro viso, il dolore che si leggeva nei loro occhi, dicevano tutto. Carol era seduta per terra singhiozzando e quello gli era bastato per capire che era arrivato troppo tardi. Juliet se n’era andata.

Il giorno dopo arrivò la collera. Era arrabbiato con chi non aveva pulito bene le strade della neve, con l’altro guidatore che era passato con il rosso e poi con il mondo intero. Continuò a inveire contro chiunque perché non trovava giusto che il tutto fosse accaduto a Juliet, alla sua famiglia, a lui.

E dalla rabbia passò nuovamente alla disperazione, molto più profonda e devastante di prima. Il lavoro non gli dava più la soddisfazione di prima, fare le solite uscite con i colleghi gli lasciava sempre un vuoto, come se fossero senza senso. La solitudine gli stringeva il cuore in una morsa dolorosa e l’alcol lo portava verso l’oblio.

Da quando aveva ricordi, lui e Juliet erano stati amici. Avevano litigato, si erano aiutati e avevano condiviso gioie e sconfitte sempre. Erano andati a scuola assieme, avevano fatto i compiti, avevano rotto la finestra che dava sul giardino giocando con il pallone, si erano sbucciati le ginocchia facendo a gara con le bici. Avevano imparato a guidare assieme, avevano condiviso la prima birra, si coprivano le spalle per qualsiasi attività fatta di nascosto dai genitori, erano andati al ballo e poi al college assieme.

Si erano allontanati per gli studi, ma erano rimasti comunque amici. Condividevano ancora le cose importanti e solo nel momento in cui Liam arrivò in ospedale, capì che Juliet era davvero stata la sua migliore amica. Nessuno lo conosceva come lei e probabilmente nessuno avrebbe mai potuto prendere il suo posto. Lui poteva raccontare gli aneddoti della sua infanzia, della volta in cui era sgattaiolato fuori prima dell’alba per fare una sorpresa a sua mamma ed era tornato a casa pieno di fango perché era caduto in una pozzanghera, poteva persino raccontare di quando aveva preso la prima sbronza ma i dettagli che avrebbe fornito non sarebbero mai stati sufficienti per far capire come erano davvero andate le cose. Solo chi aveva vissuto in prima persona accanto a lui quelle vicende poteva immaginarle davvero fedeli alla realtà. E l’unica persona che poteva farlo era stata Juliet.

Più il tempo passava, più il dolore lo soffocava. Piano piano gli restarono solo le ore infinite di lavoro e l’alcol per andare avanti. Non era il migliore dei piani, ma era l’unica soluzione per inibire quella sofferenza per un po’.

Il primo anniversario della morte di Juliet, Liam lo passò accanto a una bottiglia di alcol. Non gli interessava più di che tipo fosse, ma solo che fosse abbastanza forte da fargli sentire bruciare tutto dentro. Iniziò con un bicchiere per poi finire a bere direttamente dalla bottiglia. Si era seduto appoggiato a un albero accanto all’altalena dove Juliet passò parecchio tempo da bambina e da adolescente. Gli sembrava giusto stare là, non capiva nemmeno il perché. Aveva sentito una specie di richiamo ed era rimasto lì dalla mattina. Ad un certo punto si addormentò, quando finalmente l’alcol fece effetto.

Sognò, almeno così gli era sembrato, e sentì una voce che aveva ascoltato tante volte nel suo passato. Era Juliet. Era arrabbiata con lui perché aveva smesso di seguire la sua strada, perché aveva fatto di lei un ricordo doloroso e la causa della sua disfatta. Gli aveva fatto una ramanzina come era successo tante volte da piccoli o da adolescenti.

Quando si svegliò di soprassalto e si guardò attorno, Liam vide la bottiglia completamente vuota, rovesciata per terra. Era quasi sicuro che non l’aveva finita ed era altrettanto certo che aveva chiuso gli occhi mentre la teneva in mano. Invece in quel momento era lontano da lui, come se qualcuno l’avesse scagliata via. Non ricordava di averlo fatto e non trovava una spiegazione logica. Continuava però a sentire la ramanzina di Juliet dentro la sua mente ed era come se lei fosse lì accanto a lui davvero. Si girò e l’unica cosa che vide era un bellissimo tramonto che Juliet avrebbe amato.

Sentì le guance bagnarsi, tutte quelle lacrime trattenute per tanto tempo stavano venendo fuori senza che lui potesse fermarle. Era la prima volta che piangeva dopo la notte dell’incidente. Non si sforzò di nasconderlo, rimase lì dove poteva vederlo chiunque e continuò a piangere. Lasciò che il dolore lo travolgesse e dopo tanto tempo riprese a sentire qualcosa. L’amore che provava per Juliet, la sua risata, la sua voce, e sorrise. Tra le lacrime che continuavano ad uscire, riuscì finalmente a sorridere.

La rabbia contro il mondo non sparì, ma si attenuò. Si chiedeva ancora “perché lei?” ma se prima non trovava nessuna risposta e si arrabbiava per questo, adesso si era rassegnato al fatto che l’Universo aveva le sue regole e non importava se qualcuno riuscisse a comprenderle o meno, perché tutti potevano essere i suoi bersagli, persino le giovani ragazze solari che portavano gioia ovunque andassero.

Liam riprese la sua vita in mano, ma questa volta lo fece sentendo Juliet accanto a lui. Ribadiva spesso l’ingiustizia che si era svolta quella notte e a volte gli sembrava di sentire una voce soave rispondergli: “La vita va avanti anche dopo il dolore, nessuno ne è immune. Non ci sono ragioni, smetti di cercarle perché diventano un’ossessione. Poteva accadere a chiunque, quindi perché non a me?”

Disclaimer & copyright

Il contenuto del racconto pubblicato sopra è protetto dalla normativa vigente in materia di tutela del diritto d’autore, legge n. 633/1941, qualsiasi riproduzione anche parziale senza autorizzazione è vietata. Questa breve storia è un’opera di fantasia, personaggi e situazioni sono inventate e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, eventi, luoghi e persone, vive o scomparse, è puramente casuale.

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6 Comments

  1. Ciao Liv!
    Il tuo racconto mi è piaciuto davvero tanto, è intenso e profondo, capace di sconvolgerti con le fasi di elaborazione del lutto che attraversa Liam nel corso di una (anti)riflessione! Poetico poi il pezzo riguardo il sogno su Juliet e la sua strigliata, un’epifania che non consola ma permette almeno di andare avanti e accettare che la vita è anche questo!
    Brava brava
    Federica

  2. Angelo Nero

    Le varie fasi del lutto vengono espresse in maniera enormemente efficace in questo racconto: negazione,
    rabbia, adattamento, depressione, accettazione. Fasi che chi più chi meno, chiunque subisca un lutto attraversa in maniera più o meno violenta. E anche io ne faccio parte, di questo processo psicologico, una reazione mentale inevitabile che a volte può durare anni, altre volte pochi giorni.

  3. Silvia Maria Bragalini

    Ciao Liv!
    Innanzitutto, siccome questo mese sono stata io a lanciare la sfida a te, ti ringrazio moltissimo per aver accolto la mia proposta con tanta rapidità ed entusiasmo. Come ti avevo già detto, questo era un tema che avevo in mente per me stessa, ma il destino – leggi: la nostra amministratrice – ha scompigliato le carte 🙂
    Il tuo racconto è molto bello: un’idea apparentemente semplice che dà vita ad una serie di profonde riflessioni. Hai parlato di tutte le fasi dell’elaborazione del lutto, e lo hai fatto trasmettendo tante emozioni.
    In alcune retrospezioni non avrei usato sempre il passato remoto: avrei magari alternato con il trapassato, per rendere ancora più chiari i piani temporali. Al di là di questa mia osservazione, comunque, il racconto è scritto benissimo 🙂
    Super brava e grazie ancora, alla prossima!

    1. Anne Louise Rachelle

      Oh mamma, sono una valle di lacrime, ma lacrime belle di emozione. Sei riuscita a farmi vivere ogni passaggio, ogni stadio, ogni dettaglio di questa elaborazione così profonda. Il protagonista li affronta tutti e perde, cade, ma si rialza sempre, perché anche il dolore può essere ridimensionato, anche se non scomparirà mai… racconto stupendo e tema centrato alla perfezione! Wow!

  4. Direi che hai centrato perfettamente l’obiettivo di questo mese che magari poteva sembrare facile ma trasmettere emozioni non è per niente scontato. Penso che la tua storia sia importante per coloro che devono superare una vera e proprio perdita perchè siamo tutti diversi, ognuno reagisce a modo proprio ma la disperazione arriva sempre per chiunque.
    Dopo c’è l’accettazione questa è una fase che viene col tempo non subito, ma arriva e quando si è in quella fase si comincia finalmente a vedere uno spiraglio.
    Secondo me la conseguenza da rabbia, negazione ad accettazione è stata troppo breve e quindi un po’ inverosibile a mio parere ma considerando che parliamo di un racconto e non di un libro vero e proprio allora va più che bene, hai parlato col cuore e si vede.
    Alla prossima

    1. Liv

      Ciao. Grazie per il commento.
      Essendo il racconto corto, non potevo descrivere ogni fase anche se nella mia mente c’erano tutte xD
      Sono contenta di aver centrato il tema. A presto

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