StorytellingChronicles racconto: “Un Natale all’improvviso”

StorytellingChronicles racconto: “Un Natale all’improvviso”

Introduzione racconto “Un Natale all’improvviso”

Buongiorno, anche questo mese pubblico con un ritardo mostruoso. Il racconto “Un Natale all’improvviso” è stato scritto per il mese di dicembre per la rubrica Storytelling Chronicles organizzata da Lady C di La Nicchia Letteraria.

Per questo mese il tema era natalizio e sinceramente non facile: il/la protagonista doveva ricevere un regalo, lanciare qualcosa (anche delle imprecazioni), incontrare il Grinch, Babbo Natale e la Befana. La ciliegina sulla torta è stato il numero massimo di parole: 2500. Da non superare ovviamente. Pensavo non fosse necessario preoccuparsi perché visto che scrivo poco, non era pensabile per me avere difficoltà con il limite. E invece ho avuto non poche difficoltà perché raggiunte le 2000 parole, la mia protagonista non aveva lanciato cose e incontrato nessuno. Ho dovuto cambiare dei dettagli per rispettare la consegna e ovviamente tagliare delle parti per riuscire a restare nei limiti. Ecco a voi il racconto con ben 2493 parole.

Un Natale all’improvviso

Era il ventitré dicembre e la neve aveva iniziato a cadere quel pomeriggio così fitta che era già tutto bianco. Le previsioni dicevano che non si sarebbe fermata a breve e che il Natale sarebbe stato una favola bianca. Katherine guardava la città dall’ampia vetrata del suo ufficio. Era al diciottesimo piano e da lì poteva ammirare in lontananza le case con il tetto bianco o la marea di persone che si trovava per strada in quel momento, sicuramente correndo per preparare tutto per le feste. Stranamente in quel momento provò un po’ di malinconia.

Da piccola amava il Natale e le decorazioni, passava giorni a creare nuove decorazioni usando tutto ciò che aveva a disposizione in casa. Crescendo però, quella magia aveva iniziato ad essere offuscata dagli obblighi di passare il pranzo con persone che non vedeva quasi mai durante l’anno e dai loro commenti non sempre positivi. Quando sua zia aveva detto che le decorazioni sembravano vomito di arcobaleno, lei le aveva tolte e fatte sparire tutte e l’anno dopo non aveva più usato nulla tranne le palline semplici e le luci bianche. Quando sua cugina le aveva detto che sembrava ancora una bambina e non una ragazza di sedici anni perché si era messa il cappellino di elfo e il maglione natalizio, aveva iniziato a vestirti con un maglioncino nero e dei jeans scuri.

Durante l’adolescenza, il Natale era diventato una sofferenza e non aveva più nessuna magia per lei: sua sorella non si vestiva bene per gli standard degli altri, suo fratello non studiava abbastanza oppure non vinceva molti trofei con lo sport, lei era poco elegante o troppo seria. I commenti e i sorrisi ipocriti le avevano fatto dimenticare la vera essenza del Natale. Quando era andata al college, aveva sperato in un cambiamento: lei e i suoi fratelli tornavano a casa così di rado che le feste potevano essere un momento di unione davvero. Le sue speranze furono infrante: sua mamma aveva comunque invitato tutta la famiglia perché per le feste dovevano essere tutti più buoni e uniti.

Quel Natale era stato il punto di non ritorno per lei: sua cugina aveva passato tutto il pranzo a parlare dei suoi studi e dei suoi progetti per il futuro e di quanto fossero grandiosi, suo cugino aveva parlato del suo stage in un famoso studio di avvocati nelle pause che lasciava l’altra cugina, la zia aveva chiesto loro la media degli esami, paragonandoli sempre a qualcuno di meglio, aveva detto che sembrava una che dormiva per strada con quei vestiti e che doveva prendere esempio dalle altre cugine. Katherine aveva mangiato in silenzio e dopo il pranzo aveva salutato tutti con un sorriso forzato. Era stata l’ultima volta che aveva fatto l’albero di Natale e che si era presentata al pranzo di Natale a casa dei suoi genitori.

Per gli altri anni del college, aveva sempre trovato una scusa per arrivare tardi: un volo cancellato, una bruttissima influenza, un esame importante. Arrivava sempre la sera tardi quando tutti erano ormai andati via o proprio il giorno dopo.  Quando aveva iniziato a lavorare, non le erano più servite delle scuse inventate: lavorava sempre per riuscire a crearsi una carriera e quello bastava. La sua famiglia aveva iniziato piano piano a non lamentarsi più per le sue assenze tanto che nessuno si aspettava di vederla per quel giorno. Solo sua mamma puntualmente le chiedeva sempre se ci sarebbe stata.

Ormai erano cinque anni che il Natale lo passava proprio da sola. Si era trasformata in un Grinch. Se da bambina aveva nascosto le decorazioni troppo scintillanti o aveva buttato via tutti i suoi maglioni natalizi, da adulta aveva completamente smesso di avere attorno dei segni del Natale. Tutti gli uffici erano addobbati e persino le aree comuni, tranne il suo. L’unica cosa natalizia presente sulla sua scrivania erano i lavoretti che i suoi nipoti le regalavano ogni anno: due cartoline a forma di albero con la loro foto.

All’improvviso sentì la porta aprirsi e si girò infastidita perché qualcuno aveva osato entrare senza bussare nemmeno.

«Evan, pensavo che ti avessero insegnato che si bussa prima di entrare, soprattutto in un ufficio.» Katherine fulminò il suo collega nonché nemico giurato con il quale si era scontrata diverse volte in ufficio.

«Sei l’unica ancora presente in questo edificio oltre a me e alla sicurezza che deve restare qui per forza. Hai già vinto il premio per il maggior numero di ore passate in ufficio superandomi alla grande, direi che adesso puoi prenderti una pausa anche tu. Vai a casa a festeggiare, riposati, devi essere in forma per il prossimo anno perché ho intenzione di batterti.» Evan le sorrise, in modo sincero.

«Sai che non sono rimasta in ufficio di proposito per battere te e non ho mai tenuto conto di quanto tempo passassi qui, vero?»

«Lo so, ed è per questo che ti ammiro. Non sei in competizione con me o con altri, ma con te stessa. Stai sempre cercando di superare e migliorare te stessa ed è per questo che sei un’avversaria degna di nota in aula e non solo.»

«Credo che sia il miglior complimento che un uomo mi abbia mai fatto. Grazie.» Katherine accennò un sorriso, restando comunque in allerta, perché non era abituata a un comportamento così amichevole.

«Allora hai frequentato sempre uomini che non hanno saputo apprezzare ciò che avevano davanti. Una donna intelligente, indipendente, organizzata e molto brava nel suo lavoro.»

«Probabilmente si sono fermati a ciò che indossavo e non sono mai andati oltre.» Katherine fece un sorriso triste. Essere un avvocato donna in un mondo dove gli uomini erano la maggioranza, non era mai stato facile. Doveva sempre essere attenta a ciò che indossava, a come parlava, perché in qualche modo era sempre sotto esame. E non era il suo lavoro ad essere esaminato, ma lei come persona. Combatteva contro quel sistema dal primo giorno che era entrata al college e probabilmente non avrebbe mai smesso di farlo.

«Allora non solo non sapevano apprezzare ciò che avevano davanti, ma erano proprio stupidi.»

«Adesso mi stai proprio lusingando e non è da te. Tuttavia, non credo sia questo il motivo della tua visita.»

«Sono qui per augurati buone feste prima di andare via. Anche se, guardando il tuo ufficio, sembra che tu sia il Grinch in persona. Capisco non esagerare come Malcom che per vincere la scommessa ha addobbato persino le tazzine con le quali offre il caffè ai clienti, ma qua sembra esserci il deserto lato addobbi natalizi. Sei il Grinch, vero?»

«Credo proprio di sì. Anzi, la me del passato lo era decisamente. Adesso semplicemente sono indifferente a tutto. Ti ringrazio per gli auguri e spero che passerai delle belle feste.»

«Mi stai liquidando cortesemente Thompson? Stai ferendo il mio cuore così.»

«Andiamo Morrison, cosa ti aspetti veramente? Che mi metta qui a raccontarti cosa farò per Natale e Capodanno, cosa ho comprato come regali, come se tu e io fossimo amici? Per tua informazione, starò sul divano a vedere un film o forse a leggere un libro, in compagnia di un buon piatto e di una buona bottiglia di vino bianco. Fine dei progetti. E sì, starò da sola, e no, non ho intenzione di andare da nessuna parte.»

«Wow, mi aspettavo tutto tranne che questo. No, forse non siamo amici, siamo nemici sul lavoro, ma sappi che ho più stima per te che per molti altri e se dovessi affidare un segreto a qualcuno, saresti la prima persona che mi viene in mente per custodirlo per sempre. E se dovessi avere dei problemi con la legge, di qualsiasi natura, verrei da te, sempre e comunque. Questo direi che è una solida base per un’amicizia Thompson. Come mai da sola?»

«Se volessi essere cortese ti direi che dato il maltempo non sono riuscita a raggiungere la mia famiglia per le feste. Tuttavia, visto che tu sei stato molto schietto e diretto, non insulterò la tua intelligenza con una bugia ben costruita: la mia famiglia è in Europa, hanno deciso di fare una vacanza a Parigi, tutti assieme. E no, non sarà come nei film, perché la ragione principale è per festeggiare il fidanzamento di mia cugina con un uomo squisito, parole di mia zia.»

«Lasciami indovinare: l’uomo squisito è bravissimo perché ricco e ha comprato regali costosi per tutti, tua cugina è bravissima e tu non lo sei?»

«Io ho trentadue anni, sono single, non ho un matrimonio da organizzare, non ho figli, praticamente per loro no, non ho raggiunto nessun obiettivo degno di nota.»

«E il fatto che tu sia uno dei migliori avvocati di New York immagino non conti un granché per loro.»

«In realtà credo pensino ancora che io sia una segretaria di qualche avvocato, che viva in un appartamento in affitto in un sottoscala di un quartiere malfamato.»

«Sono davvero orbi davanti alla realtà. Capisco perché tu abbia deciso di non raggiungerli per festeggiare con loro. Non avresti potuto competere con i regali costosi del futuro marito di tua cugina e non perché non potresti permetterteli, ma perché hai molto buon gusto e non avresti speso inutilmente solo per le apparenze. Cosa che loro credo abbiano fatto spesso, visto che ti sei trasformata in un Grinch per colpa loro.»

«Credo di aver perso il conto, ma alcuni dei regali sono stati indimenticabili: avevo sedici anni quando mia zia mi regalò un vestito corto, giallo, di non so che stilista famosissimo senza tenere conto che il giallo mi fa sembrare malata e che la taglia era più piccola. No, non aveva sbagliato, secondo lei ero io troppo poco in forma, parole sue. Poi c’è stato il corso di trucco, l’appuntamento presso un famoso dietologo, la maglia, la giacca, qualsiasi vestito di marca con colori improbabili e con almeno una taglia in meno rispetto alla mia. Tutti regali che costavano tantissimo ma erano completamente inutili per me.»

«Lei era la versione cattiva della Befana dire e per colpa sua tu ti sei trasformata in un Grinch. Io sono il tuo opposto, a casa mia il Natale è sacrosanto, chi non arriva in tempo per la vigilia viene messo in punizione da mia mamma che rinfaccia la cosa per anni, bisogna mangiare come se non ci fosse un domani, ci si veste come capita e nessuno si scandalizza nemmeno davanti a un pigiama. E mi dispiace che tu non riesca più a vedere quella magia delle feste come una volta. Mi piacerebbe farti cambiare idea sulla magia del Natale: che ne dici di venire con me? Ho una famiglia che si intromette sempre e comunque in tutto, che faranno commenti imbarazzanti e ti faranno vedere le mie foto peggiori, ma che sanno come farti sentire il Natale. E prima che tu trovi una scusa per rifiutare, sappi che non lo faccio per pietà o compassione, ma come sfida personale. Se riesco a farti cambiare idea, ho vinto e tu sistemerai il mio archivio il prossimo anno.» Evan le fece l’occhiolino come se avesse appena proposto un gioco.

«Sei impazzito? Non sappiamo nulla uno dell’altra, non ho mai visto la tua famiglia, non so dove abitano e chi siano, e mi chiedi di venire con te? Ogni film con protagonista un serial killer inizia così praticamente.»

«Andiamo Thompson, ti sembro un serial killer?» Evan le fece un sorriso sghembo per cercare di farle capire che non era possibile proprio che la sua idea fosse veritiera.

«Anche i serial killer dicono la stessa cosa, usano il loro fascino proprio per convincere le persone che non è possibile che loro facciano male a una mosca.»

«Ho del fascino allora, questo lo prendo come un complimento.»

«Sei impossibile, è l’unica parola che il tuo cervello ha recepito dalla mia frase?»

«Bisogna sempre vedere il lato buono delle cose.» Senza aggiungere altro, tirò fuori il telefono dalla tasca della giacca, fece partire una chiamata e attivò il vivavoce.

«Ciao mamma, sei in vivavoce. Sono con un’amica e collega che ho appena invitato da noi per Natale, ma lei pensa di disturbare e ovviamente non si fida di me e della mi buone intenzioni. Puoi per favore convincerla che sono un bravo ragazzo?»

Sentendo chi aveva davvero chiamato, Katherine diventò rossa e lanciò non poche imprecazioni mentalmente, attenta a non aprire la bocca.

«Evan Morrison, ti ho insegnato a comportarti meglio di così. Se non ti fida di te, sicuramente le hai dato delle valide ragioni per non farlo. Ne discuteremo di questo tuo comportamento, in privato. Non mi hai detto nemmeno come si chiama la tua amica, che maleducato.»

«Mi chiamo Katherine, signora, e non si preoccupi, suo figlio ha avuto questa idea improvvisa, non posso venire e disturbare le vostre feste in famiglia. Lui non ha pensato al disturbo che posso creare intromettendomi nei vostri piani all’ultimo.»

«Piacere di conoscerti Katherine, io sono Moira. Ignora mio figlio, mi sentirà quando arriverà a casa. Per quanto riguarda te, non disturbi, siamo felici di avere qualcuno in più a tavola, abbiamo tanto cibo da condividere, e non accetto risposte negative. A Natale tutti gli amici sono benvenuti, soprattutto quelli che danno del filo da torcere a mio figlio. Solo per questo devi venire, devo vederti di persona.»

La conversazione andò avanti per un paio di minuti in modo parecchio surreale per Katherine, non si aspettava proprio di ridere parlando con una sconosciuta al telefono. Per un attimo aveva proprio provato quel calore delle feste solo sentendo l’elenco delle attività in programma nella famiglia Morrison.

«Allora Grinch, che ne dici? Vieni con me?»

«Tua mamma sembrava la versione femminile di Babbo Natale quando ha iniziato ad elencare tutti i piati, tutte le attività e sottolineando a ogni frase come il Natale sia il periodo migliore da passare tutti insieme. Non c’è bisogno che dispensi regali fisici, basta il suo spirito. Ma non posso venire, non ho nessun cambio con me e non ho nessun regalo; per quanto io sia il Grinch cresciuta con la versione cattiva della Befana, la mia educazione mi impone di non presentarmi a mani nude.»

«Chi avrebbe mai detto che potesse accadere una cosa simile: è bastata una telefonata con mia madre e tu ti stai trasformando in un elfo di Babbo Natale. Merito mio però, ricordatelo quando vincerò la sfida. Adesso andiamo a prendere una borsa con dei vestiti per te e potrei essere magnanimo e accompagnarti a prendere un regalo, solo perché non voglio tu ti senta a disagio, anche se ripeto che non serve nulla tranne la tua presenza. Se poi vuoi regalarmi qualcosa di costoso, ti indico il nuovo modello della Mustang che mi piace molto.» Ridendo, Evan porse il capotto a Katherine e approfittò della sua confusone momentanea per spingerla fuori dall’ufficio prima che cambiasse idea.

Non sapeva nemmeno lui come era arrivato a quel punto, ma dentro di sé pregava che tutto andasse bene, perché in fono sperava di conquistare non solo la fiducia di Katherine per Natale.

 Disclaimer & copyright

Il contenuto del racconto pubblicato sopra è protetto dalla normativa vigente in materia di tutela del diritto d’autore, legge n. 633/1941, qualsiasi riproduzione anche parziale senza autorizzazione è vietata. Questa breve storia è un’opera di fantasia, personaggi e situazioni sono inventate e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, eventi, luoghi e persone, vive o scomparse, è puramente casuale.

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5 Comments

  1. Christine, eccomi anche da te! Sto facendo finta di essere diligente commentando oggi tutti i racconti di dicembre -ma che comportazione è mai questa?! Boh Ahahahah-, senza però pensare che tra una settimana e qualche giorno siamo già a febbraio… Vabbè, meglio sorvolare sul mio essere poco seria -tanto lo sanno pure i muri ormai ahahah- per parlare del tuo scritto :3
    L’office romance è un trope che mi piace sempre tantissimo e trovarlo qui mi ha fatto assai piacere 😀
    La tua protagonista, purtroppo, ha dovuto vivere una situazione spinosa molto diffusa, secondo me in un buon 95% delle famiglie “tradizionali” -metto le virgolette perché, come parola, non mi piace per niente :P-. Le riunioni in vista delle feste sono solite portare più malcontento che altro agli invitati -com’è possibile che gli organizzatori di ‘ste cavolate non se ne rendano conto? Le apparenze sono davvero così importanti?-, specialmente se si ha a che fare con parenti odiose quanto la zia e la cugina -CHE NERVI, MADÒ! Hai reso benissimo l’idea però ahah- della povera Katherine 😦
    Dall’altra parte, in quel 5%, ovviamente, rientra a pieno titolo la cricca di Evan, dei rarissimi esemplari di esseri umani che mi piacerebbe andare a trovare appena ci siano occasioni utili per farlo ❤ Vorrei abbracciare soprattutto sua madre, mi è parsa proprio un vulcano di energia e solarità, difficile non amarla a pelle :3 Adoro!!!
    P.S.: Se proprio vogliamo andare a cercare il pelo nell'uovo, forse avrei messo qualche parte descrittiva in più tra una battuta e l'altra… Per quanto mi abbia coinvolto già tantissimo il botta e risposta tra Evan e Katherine, magari, con qualche intermezzo testuale di contorno, avrei percepito meno "distacco" dalla scena e più "immersione" nella stessa.
    P.S.2: Mi sa che il lancio (?) era previsto solo per gennaio, sai? Ahahahahah Non vorrei dire stupidate perché comunque inizio ad avere una certa e quindi potrei altamente sbagliare, ma ne sono quasi certa… Andrò comunque a controllare just in case ahahahahah

    1. Liv

      Ciao. Bello leggerti, anche con i commenti. Sono contenta che siano piaciuti i personaggi perché ero davvero in crisi quando li ho creati.
      Purtroppo il limite di parole mi ha obbligato a tagliare tante cose e per questo ci sono più dialoghi che altro. 🙁
      E per il lancio sì, mi sa che ho fatto un mix. 😂

  2. Roberta

    Carissima Cristina! Credo che questo racconto ci abbia fatto ricordare che, in famiglia, un po’ tutti abbiamo avuto una zia rompiscatole e una cugina “più brava”. Certo, la nostra Kate era messa proprio male. Nessuno avrebbe perseverato nel suo spirito natalizio con dei parenti simili. XD Per fortuna che c’era Evan, che ho adorato nel suo essere genuino e dolce. Mamma Natale mi ha riscaldato il cuore tanto quanto ha fatto con Kate. Non poteva non accettare un invito tanto gentile! Hai inserito i vari ingredienti in modo molto originale.
    Per la parte tecnica: Nella prima parte ho trovato un po’ ridondante il concetto di “essere diventata un Grinch” e qualche errore di battitura sparso per il testo.
    La morale di questo racconto è profondamente vera. Non dobbiamo permettere a nessuno di toglierci il Natale e i bei sentimenti che porta con sé. Ringraziamo tutti Evan e Mamma Natale per aver aiutato anche Kate a ricordarlo!

  3. Susy

    La scena al telefono tra la mamma di lui e katherine l’ho trovata esilarante, troppo carina e ho trovato molto bello che lui le facesse trovare in un certo senso l’amore per il Natale penso che tutti dovremmo trovare qualcuno che ci faccia così riscoprire la bellezza di questa festa senza di tempo e la magia di un Natale appunto magico.
    Per mia opinione personale la parte iniziale l’ho trovata troppo prolissa, ma sono io che proprio non vado d’accordo con questo genere di narrazione quindi resta problema mio e basta

  4. Liiiiiiiiv! Liv, Liv, Liv. Liv!!! Ti pare che tranci un racconto così? No dico, ti pare? Sono modi? Chi ti ha cresciuta? XD Scherzi a parte, questo racconto sei tu nella tua versione migliore, uno dei più belli che hai scritto a mio avviso. Mi è piaciuto tantissimo, tutto quanto, ma la parte che ho preferito sono i dialoghi: hai una capacità unica e che ammiro tantissimo di creare chimica tra i vari personaggi, soltanto facendoli interagire l’uno con l’altra. Penso che tutti nella vita abbiamo corso il rischio o ci siamo ritrovati nei panni di Katherine, ma non tutti ugualmente abbiamo avuto la fortuna di incontrare un Evan. Considero questo racconto il mio personale Evan, il monito a ricordare il vero senso del Natale e la bellezza e la magia dello stare insieme. Grazie per avergli dato voce, e complimenti per la storia. L’ho amata! Non vedo l’ora di scoprire cosa ci regalerai nelle prossime puntate della rubrica.

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