La Pointe du Hoc
Il vento è forte e spazza via tutto ciò che incontra nel suo tragitto. Non puoi opporti davanti alla sua forza in nessun modo, non hai la minima chance. Gli alberi si inchinano quando lui passa, le foglie si lasciano cullare e portare chissà dove, i rami a volte intonano sinistri canti nelle foreste più oscure. I fiori e i fili d’erba sottili fanno le riverenze fino a terra e spesso rimangono lì come se fossero dei sudditi che non hanno più il coraggio di alzarsi.
Persino il mare diventa agitato in sua presenza; si scaglia con maggior forza contro le rocce e le spiagge, la sua schiuma bianca mostra come la sua rabbia sia cresciuta, si infrange in mille pezzi e poi torna di nuovo a carica. Le persone si coprono più che possono, sono pochi quelli temerari che si sono avventurati qui oggi. Hanno coraggio da vendere o forse sono solo folli alla ricerca di emozioni forti e non sanno che la forza del vento non li deluderà per niente.
Il freddo entra nelle loro ossa, scompiglia i loro capelli e porta via le loro parole, lasciando dietro solo sussurri. Oggi è una bella giornata nonostante tutto: non piove, non ci sono nuvole e da qui si vede il mare fino a dove l’occhio riesce ad arrivare. Non si sa dove finisca, ad un certo punto l’acqua abbraccia il cielo come se fossero due vecchi amici mostrando al mondo la loro grandezza.
Ho visto diverse scene come quella di oggi e ho sentito racconti su questo posto che sono difficili da immaginare. Non perché manchi la fantasia, ma perché il paesaggio è così bello come un vero paradiso dove si sentono solo le onde e i miei fratelli gabbiani, ed è doloroso immaginare che una volta qui non si ammirasse il panorama ma si combattesse in un duro inferno.
Quella volta il mare probabilmente non era così bello come oggi o forse sì, ma sicuramente aveva una vena crudele perché inghiottiva corpi e anime portando con sé chiunque non riuscisse a stare al passo. Le onde erano forti, alte e fredde, colpivano come se stessero combattendo contro il nemico perché, ahimè, il mare non ha mai amici se non il cielo. Puoi essere fortunato e avere la sua simpatia e la sua clemenza, ma è una cosa che non dura in eterno.
Quel giorno era tutto nervoso e colpiva qualsiasi cosa incontrasse, rovesciava le piccole imbarcazioni già sfortunate sotto il tiro delle mitragliatrici nemiche. I soldati provavano ad andarle contro, ma il mare gioca solo per se stesso. Da qui, dall’alto della scogliera si vedevano quei salvatori che usavano ogni loro forza per schivare i proiettili e arrampicarsi. Non avevano grosse protezioni, erano bagnati, le armi pesavano, la responsabilità sulle loro spalle ancora di più e la paura spingeva il loro cuore a battere più forte per pompare la speranza per la libertà.
In molti sono morti prima ancora di arrivare alla spiaggia. Oggi ci sono le alghe che vengono portare a galla dalle onde, quella volta erano i corpi privi di vita, qualche arma, qualche elmo, qualche pezzo di imbarcazione, poche cose che non erano affondate sugli abissi marini per l’eternità. Chi era riuscito a sopravvivere a quella prima prova si riteneva già un miracolato anche se davanti aveva ancora qualche metro di spiaggia dove la visuale dei nemici era ottima e poi una scogliera così alta che sembrava toccare il cielo.
Oggi guardare in basso toglie il fiato per la bellezza così come avrebbe potuto farlo quel giorno, se non fosse per la paura che dominava tutto. Non importava da dove venissi, potevi essere il nemico che aveva occupato tutto e che tirava un proiettile dietro l’altro dall’alto o l’amico venuto per mare per liberare questa terra schivando mille pericoli fino a raggiungere il suo obiettivo. Erano tutti uomini che lottavano per un ideale e per la propria vita.
Si dimentica a volte come nemici e liberatori in guerra non siano molto diversi: cambiano i nomi, l’uniforme, stanno di qua o al di là del confine, ma alla fine sono solo uomini che combattono per qualche ragione e che hanno paura. Non conta quale sia la loro posizione, la paura per la vita è la stessa perché tutti sono carnefici e tutti sono portatori di salvezza.
Io non c’ero quel giorno, ma quei racconti sono così vivi in me perché mio nonno ha vissuto quei momenti e poi li ha raccontati ai suoi figli e a noi nipoti. E io come molti altri li tramanderò ai figli, ai nipoti e agli estranei che incontrerò, perché un posto lo puoi capire davvero quando conosci la sua storia: non solo quella di oggi o solo quella di ieri, ma quella che lo ha segnato nel profondo. Non importa quante persone siano passate per queste strade oggi sfidando il vento, non importa chi di famoso sia venuto qui per visitare o per fare una foto, importano i racconti di chi ha vissuto tutto, di chi tramanda la storia e chi onora la memoria dei giorni più difficili.
La mia famiglia è vissuta al lungo su questa costa e dopo ogni viaggio è tornata a casa. Io sono nato su una nave, lontano da questi scogli e conoscevo tutto solo dai racconti di mio nonno e di mio padre. Volevo tuttavia vedere con i miei occhi e quindi alla prima occasione sono venuto qui per poter ammirare tutto. È già da un po’ che sto in questo posto ma non metterò radici perché sono sempre stata un’anima libera e curiosa e voglio raccontare a tutti ciò che altri hanno detto a me.
Voglio narrare di queste spiagge così belle, di questo paradiso che ha saputo trasformarsi in inferno, di quelle anime portate via troppe presto, di quelle grida di paura e dolore, di quelli amici che hanno dato la vita perché altri potessero raggiungere lo scopo della missione, di quei nemici che hanno fatto di tutto per proteggere loro e i loro confini, di quelle persone che si sono trovate qui e che hanno visto il peggio prima di essere liberi.
Desidero parlare di quelle voci che si sentivano tra le follate di vento e i proiettili che volavano verso il loro bersaglio, delle mine che esplodevano con un boato assurdo facendo schizzare sabbia, terra, acqua e pezzi di anime in aria; di quelle persone che si sono trovate qui non per una loro scelta ma perché stavano da una parte o piuttosto dall’altra del confine.
Io sono nato libero, una piuma che vola e si libera nel cielo oggi cristallino, che può piroettare senza il terrore di essere colpito, che può fare acrobazie senza la paura di diventare un bersaglio in fuga. Sono Plumespierre Les Bains1, un gabbiano che viaggia in giro per il mondo per testimoniare e imparare ciò che i posti hanno da narrare. Il mio nome sembra un gioco di parole, chiamatemi Plum2 come lo fanno tutti coloro che mi conoscono. La mia famiglia appartenente a un’antica e nobile stirpe voleva rendere omaggio a chi ha combattuto per la libertà e la formazione di questo paese e siccome pare che Robespierre abbia incontrato un mio antenato, allora questo onore viene spesso ribadito generazione dopo generazione senza mai scordare le discendenze romane.
Sono nato su una nave eppure le mie origini sono qui, ad Arromanches Les Bains, e porto questo cognome con orgoglio. Una spiaggia, una porzione di mare che è un paradiso, un promontorio3 che sfida il cielo, un pezzo di storia che mi porto dietro racconto dopo racconto, da quel giorno fino a quando la mia anima raggiungerà il vero paradiso dove chissà, forse incontrerò Livingston4 e i suoi seguaci.
Fino ad allora mi libero in volo nuovamente e chissà dove il vento, la marea e i capricci degli umani mi porteranno questa volta.
Informazioni
Il contenuto pubblicato sopra è protetto dalla normativa vigente in materia di tutela del diritto d’autore, legge n. 633/1941, qualsiasi riproduzione anche parziale senza autorizzazione è vietata. Questa breve storia è un’opera di fantasia, personaggi e situazioni sono inventate e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, eventi, luoghi e persone, vive o scomparse, è puramente casuale.
Sulla storia
Ho scritto questa breve storia ispirandomi al tema di un evento organizzato tra vari blog, “in giro per il mondo” e anche se non partecipo ho trovato interessante mettermi alla prova nuovamente.
Cogliendo al volo un suggerimento ho immaginato questo gabbiano che descrive un posto e racconta qualcosa che è successo lì anni prima.
Il tutto si svolge dall’alto del promontorio La Pointe du Hoc, uno dei luoghi più belli della Normandia nonché uno dei posto dello sbarco del 6 giugno 1944. La storia vuole descrivere sia la bellezza del paesaggio che vi posso assicurare tolga il fiato, sia un assaggio di quei momenti tragici.
Il racconto fa parte della raccolta Mille posti e una piuma.
Spiegazioni
Plumespierre Les Bains = il nome, un po’ assurdo racchiude dentro un’unione di varie cose: pluma che in latino significa piuma e Maximilien-François-Marie-Isidore de Robespierre che è un protagonista della rivoluzione francese, Les Bains rimanda al nome del posto Arromanches Les Bains. Assieme formano un personaggio libero, curioso, legato alle sue origini.
Plum = plume in francese significa piuma
promontorio= chiaro riferimento a La Pointe du Hoc da dove il protagonista vede e ricorda tutto
Livingston= altrettanto chiaro riferimento a Jonathan Livingston di Richard Bach, uno dei libri più belli che io abbia mai letto.
Ringraziamenti
Ringrazio Lady C. per avermi parlato di questo tema e avermi quindi dato l’ispirazione. Potete leggere la sua storia sul blog La nicchia letteraria.
Ringrazio Riccardo per l’idea folle di raccontare i posti tramite piume, ogni tanto ha una bella fantasia; Martina che ha dovuto sentire le mie paranoie su “chissà cosa viene fuori” e per il fatto che legge sempre ciò che scrivo e ovviamente Em per avermi corretto alcuni frasi venute fuori in modo assurdo.
Wow, vorrei avere un minimo della tua bravura!! Comunque tu sopporti le mie paranoie che sono anche peggio, grazie a te.😊
Grazie mille come sempre per tutto 🙂